Perché hanno chiuso i manicomi?

La chiusura dei manicomi rappresenta una delle più grandi rivoluzioni nel campo della salute mentale. Per secoli, queste strutture furono il luogo in cui venivano rinchiusi i malati psichiatrici, ma a partire dagli anni ’60 e ’70 si è assistito a un cambiamento radicale nell’approccio alla cura delle persone con disturbi mentali.

In Italia, questo cambiamento culminò con la Legge Basaglia del 1978, che sancì la chiusura definitiva dei manicomi. Ma perché hanno chiuso i manicomi? Cosa ha portato a questa svolta? In questo articolo esploreremo le cause storiche, sociali e legislative di questo cambiamento epocale.

Che cosa erano i manicomi?

I manicomi erano strutture adibite all’internamento e al trattamento di persone affette da disturbi mentali. Questi istituti, presenti in tutta Europa e in altre parti del mondo, avevano lo scopo di separare coloro che venivano considerati “pericolosi” o “deviazionisti” dal resto della società. La cura all’interno dei manicomi era spesso caratterizzata da trattamenti coercitivi e da una forte limitazione della libertà personale dei pazienti.

Le condizioni all’interno di queste strutture erano spesso disumane: sovraffollamento, carenza di risorse, scarsità di personale specializzato e uso di pratiche come la contenzione fisica e l’isolamento. In molti casi, i manicomi si trasformavano in vere e proprie prigioni per persone vulnerabili, piuttosto che in luoghi di cura.

La crisi del sistema manicomiale

A partire dalla metà del XX secolo, la critica al sistema manicomiale iniziò a diffondersi, sia tra gli operatori sanitari che tra la società civile. Vari motivi contribuirono a mettere in crisi il modello dei manicomi.

1. I limiti dei trattamenti

Le cure offerte nei manicomi si basavano spesso su trattamenti invasivi, come l’elettroshock e la lobotomia, che più che curare, avevano l’effetto di sedare i pazienti e limitarne i comportamenti ritenuti problematici. Questi metodi erano considerati violenti e inadeguati per garantire una reale guarigione o miglioramento della qualità di vita delle persone affette da disturbi mentali.

2. Sovraffollamento e condizioni disumane

Molti manicomi erano sovraffollati e offrivano condizioni di vita inadeguate. I pazienti spesso vivevano in condizioni igieniche precarie, privi di un reale supporto medico o psicologico e venivano trattati come individui da “contenere”, piuttosto che da curare. Questo portò a una crescente pressione da parte di organizzazioni per i diritti umani e movimenti sociali per la chiusura di queste strutture.

3. Emergere di una nuova concezione della salute mentale

Negli anni ’50 e ’60, la visione del trattamento della malattia mentale iniziò a cambiare. Movimenti di antipsichiatria e di riforma sanitaria iniziarono a promuovere l’idea che la cura delle persone con disturbi mentali dovesse essere inclusiva e basata sulla comunità, piuttosto che segregativa. Questo approccio si basava su una visione più umana della psichiatria, che non vedeva la malattia mentale come una condizione che richiedeva isolamento, ma come una situazione che poteva essere affrontata attraverso il supporto, la terapia e l’integrazione sociale.

La Legge Basaglia: il punto di svolta in Italia

In Italia, la chiusura dei manicomi avvenne ufficialmente con l’approvazione della Legge 180 del 13 maggio 1978, comunemente nota come Legge Basaglia, dal nome del suo principale promotore, lo psichiatra Franco Basaglia. Questa legge rivoluzionò completamente il sistema di cura della salute mentale nel Paese.

1. Chi era Franco Basaglia?

Franco Basaglia fu un psichiatra italiano che si distinse per le sue posizioni critiche nei confronti del sistema manicomiale. Egli sosteneva che i manicomi fossero luoghi di violenza istituzionalizzata, che negavano i diritti e la dignità dei pazienti. Il suo lavoro presso l’Ospedale Psichiatrico di Gorizia negli anni ’60 fu uno dei primi tentativi di creare un sistema di cura basato su un modello aperto e comunitario, piuttosto che sulla segregazione manicomiale.

2. Cosa prevedeva la Legge Basaglia?

La Legge 180 fu il risultato di anni di lotte politiche e sociali per il cambiamento del sistema psichiatrico. La legge stabilì la chiusura progressiva dei manicomi e la loro sostituzione con servizi di salute mentale territoriali, basati su strutture aperte e integrate nella comunità.

I punti chiave della Legge Basaglia furono:

  • Chiusura dei manicomi: Il divieto di aprire nuove strutture manicomiali e la progressiva dismissione di quelle esistenti.
  • Trattamento sanitario basato sulla libertà: I pazienti dovevano essere curati in strutture aperte e senza costrizioni fisiche, tranne in casi eccezionali.
  • Creazione di servizi psichiatrici territoriali: Venne introdotto un nuovo modello di cura basato su centri di salute mentale a livello locale, con l’obiettivo di garantire assistenza continua e integrata ai pazienti.
  • Fine del ricovero coatto: I pazienti potevano essere ricoverati solo con il loro consenso o in casi di emergenza, con una supervisione legale e medica stretta.

I risultati della chiusura dei manicomi

La chiusura dei manicomi segnò un grande cambiamento, ma anche una sfida. Da una parte, la Legge Basaglia rappresentò un enorme passo avanti verso il riconoscimento dei diritti delle persone con disturbi mentali, ma dall’altra, la sua attuazione incontrò difficoltà.

1. Successi

La chiusura dei manicomi portò a un miglioramento delle condizioni di vita e dei diritti dei pazienti psichiatrici. Molti individui, che prima erano relegati all’interno di strutture disumane, poterono tornare a vivere all’interno delle proprie comunità, assistiti da un sistema di cura più umano e basato sulla terapia e il reinserimento sociale.

2. Difficoltà e sfide

L’attuazione della riforma non fu priva di ostacoli. Alcune aree del Paese ebbero difficoltà nel creare servizi territoriali adeguati, lasciando alcuni pazienti senza un’assistenza sufficiente. La carenza di risorse economiche e di personale qualificato in alcune regioni creò disparità nell’applicazione della legge, rendendo il sistema di assistenza post-manicomiale talvolta inadeguato.

Un nuovo modello di salute mentale

Oggi, grazie alla chiusura dei manicomi, la cura della salute mentale è vista come un tema da affrontare attraverso un approccio multidisciplinare, che coinvolge medici, psicologi, assistenti sociali e comunità. I servizi di salute mentale territoriale sono ora il cuore del sistema, e la loro funzione è quella di fornire assistenza e supporto ai pazienti, promuovendo il loro reinserimento nella società.

Il superamento dei manicomi ha sancito il principio che le persone con disturbi mentali devono essere trattate con dignità, rispetto e libertà, valori che sono al centro della moderna psichiatria.

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