Perché Leopardi rimase deluso da Roma?

Giacomo Leopardi è stato uno dei poeti di maggior rilievo nella letteratura italiana dell’Ottocento, riconosciuto anche a livello mondiale grazie alla sua poesia estremamente romantica. Ha a lungo scritto riguardo all’esistenza e alla condizione umana ed era affascinato dalla bellezza e dall’armonia, in quanto molto vicino alla corrente del classicismo nei primi momenti di stesura delle sue opere.

Proprio a causa di questa ammirazione nei confronti dell’armonia, una domanda sorge spontanea: perché Leopardi rimase deluso da Roma, città storica ed armoniosa per eccellenza?


Il soggiorno di Leopardi a Roma

Inizialmente concentrato soprattutto sulla possibilità di apprendere quante più nozioni possibili, intorno al 1815 Leopardi fu colpito da una profonda crisi spirituale che lo portò ad avvicinarsi non più a tutti quei testi che lo avrebbero reso un erudito, ma cominciò ad appassionarsi alla poesia.

In un primo momento si concentrò sui grandi classici, che diventarono per lui una fonte di ispirazione ed un vero e proprio modello da seguire. Successivamente inizierà anche il suo percorso attraverso la lettura dei romanzi moderni, riuscendo a liberarsi della propria formazione accademica impartita dal padre che restringeva le sue vedute. 

Dopo aver a lungo letto le narrazioni su Roma nei suoi amati classici, nel 1822 riuscì a convincere suo padre a lasciarlo soggiornare presso uno zio materno nella città. Purtroppo, però, il soggiorno di Leopardi a Roma non fu per niente come lui l’aveva immaginato. 

Sebbene rimase sorpreso ed affascinato da alcuni aspetti, come la tomba di Torquato Tasso, scrittore italiano vissuto nel 1500 ed autore della Gerusalemme Liberata, oppure della possibilità di intrattenere rapporti con studiosi stranieri, molti furono gli elementi che invece fecero nascere in lui una profonda delusione, dal momento che la città non era per niente come i suoi amati autori classici l’avevano descritta.

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Come mai Leopardi rimane deluso da Roma?

Quando Leopardi arriva a Roma resta profondamente deluso non soltanto dal livello culturale, ma anche dalle condizioni in cui la città si trovava. Non si preoccupa di nascondere quanto sia deluso, anzi esprime chiaramente il suo malessere nelle lettere che scrive ai suoi familiari. 

Scrive una lettera a suo fratello Carlo, nella quale ammette di riconoscere la bellezza dei monumenti e delle opere romane, ma sostiene che questa bellezza non sia sufficiente e che gli abbia dato noia fin da subito. 

Era estremamente critico nei confronti delle donne romane, che riteneva frivole e troppo difficili da avvicinare, così come fu molto aspro nei confronti della prostituzione che dilagava nella città. Non si aspettava neanche di trovare un clero cattolico così profondamente corrotto e degli studiosi così appassionati all’archeologia da apparire vuoti. 

A sua sorella, invece, scrive che la grandezza della città di Roma non ha altra funzione se non quella di allungare le distanze e rendere difficile raggiungere le persone che si stanno cercando. 

Quindi, possiamo sicuramente affermare che Leopardi rimase deluso da Roma soprattutto a causa del livello culturale che vi trovò, poiché era molto lontano da ciò che i suoi autori classici avevano descritto. 

Il ritorno di Leopardi a Roma dopo il successo

Dopo essere diventato un autore affermato, all’incirca dieci anni dopo, nel 1831, Leopardi tornò a Roma in compagnia del suo amico Antonio Ranieri, anche lui scrittore italiano. 

Nonostante il ritorno a Roma non lo vide ospite dei suoi parenti né nella necessità di dover scrivere per potersi affermare come autore, anche in questo caso il soggiorno romano dell’autore non dà esiti positivi poiché si caratterizza ancora per un’aspra critica nei confronti della città. Più volte, infatti, descriverà il suo soggiorno come un vero e proprio esilio. 

Leopardi non riuscirà a scrivere nulla, poco ispirato dall’ambiente, se non una lettera intitolata Quella città che non finisce mai, nella quale definisce i romani come un insieme di uomini felici, ma infelici nella propria individualità. 

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